Vestirsi di emozioni: Riceviamo e pubblichiamo

giovedì 29 novembre 2007

Riceviamo e pubblichiamo

Grazie a voi per aver dato vita a un concorso così originale. Ritengo che iniziative di questo genere siano un buon carburante per stimolare le associazioni di idee e sollecitare il pensiero della gente.Senza necessariamente voler salire sul carretto dei vincitori, l'opportunità di questa gara mi ha offerto l'occasione di fare quello che amo, scrivere e, ancora una volta, questo mi è servito per fare esercizio e di conseguenza affinare un pò di più la tecnica.

Silvia Barbieri

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"VESTIRSI DI EMOZIONI"

La scuola di scrittura femminile Harriette Stanton Blatch,
in collaborazione con la casa di moda Emmanuel Schvili , ha organizzato il primo concorso letterario legato alla moda. Questo blog, realizzato in attesa della premiazione che avverrà il 30 novembre alle ore 17 presso l'Hotel Corona d'Oro di Bologna, lo abbiamo voluto per conoscervi un pò meglio e sapere qualcosa di voi. E anche perchè i progetti in campo sono ancora tanti e speriamo di coinvolgere tante altre ragazze per condividere i sogni. Perciò seguiteci. Noi della scuola Stanton aggiorneremo continuamente le pagine insieme allo staff dell'azienda Emmanuel Schvili.

Il gatto nero

Buttai la sigaretta dal finestrino e lo richiusi subito, l’aria iniziava ad essere fresca, ricordava che, nonostante il caldo estivo di quei giorni, era pur sempre arrivato novembre.
Un gatto nero schizzo fuori dal nulla. Inchiodai bruscamente e lui rimase li, impalato davanti alla mia macchina.
Ci guardammo con aria di sfida.
“Sei arrivato un po’ tardi.” dissi “Passa, passa, tanto peggio di così!”
Ci sono dei periodi della vita in cui le cose non girano proprio, ma non si tratta di disagi momentanei o di piccoli contrattempi, parlo di quando non ti riconosci più, di quando, se potessi, staresti alla larga da te stessa.
La sorte a volte usa trucchetti meschini, sembra si accanisca contro di te per vedere quanto resisti.
Stavo tornando a casa dopo una giornata passata in mezzo a peni di gomma, l’unico lavoro che mi permette di pagare l’affitto l’ho trovato in un sexy shop.
Al contrario di quello che si possa credere gli avventori di questo genere di negozio sono molto discreti, a volte quando mi domandano “Ce l’ha quello con lo stimolatore anale?” usano lo stesso tono che userebbero per informarsi sui diversi tipi di lievitazione del pane di segale dal panettiere sotto casa. Comunque sono molto meno inopportuni di quanto potrebbero esserlo con una cameriera in un qualsiasi pub di periferia.
La macchina è un luogo magico, naturalmente a condizione che ci sia della buona musica dentro. Potrei guidare per ore, e quella sera non mi andava di tornare a casa ne di chiamare qualcuno. Volevo solo guidare. Aveva piovuto e il rumore delle gomme sull’asfalto era l’unica cosa che volessi sentire.
La mia mente rischiava di esplodere. Non potevo fare a meno di pensare, pensare in continuazione. Pensare a chi mi aveva distrutto la vita senza volerlo.
Cercavo di dare una spiegazione razionale a quello che era successo, magari sarebbe stato più facile incolpare me piuttosto che convincermi che era colpa di chissà quale destino. Forse, qualsiasi cosa avessi fatto avrebbe modificato di poco e non sostanzialmente quello che sembrava inevitabile.
Domande forse inutili, comunque irrisolvibili quelle che mi facevo.
La strada scorreva dietro di me, schiacciai l’acceleratore. Era come se volessi scappare da tutto, quello che rimaneva alle mie spalle erano le macerie della mia vita. Le lacrime iniziarono a scorrere piano nel dolore caldo e silenzioso. Non volevano saperne di fermarsi. Continuavo ad andare dritta e a piangere sempre più forte finchè non mi ritrovai a singhiozzare. Le luci delle macchine che mi venivano incontro erano sempre più rarefatte. Era buio pesto, riuscivo a vedere solo la striscia tratteggiata per terra. Non sapevo dove stavo andando, ma sicuramente avrei dovuto fare benzina, non era proprio la serata giusta per rimanere in mezzo alla strada, per l’ennesima volta.
Trovai uno di quei maledetti distributori dove si deve andare a pagare alla cassa. Mentre facevo la fila un bimbo mi tirò per il cappotto “ Sei una signora?” mi chiese “Non saprei che risponderti, ho 21 anni, direi che sono una ragazza “ gli risposi “E allora perché hai la borsa?” Scoppiai a ridere, inaspettatamente, dopo quella lunga serata.
Decisi di tornare a casa. Continuavo a pensare a quanto ci si complichi la vita crescendo. Hai la borsa. Sei una signora. Punto. Se fosse tutto così semplice..
Mi ritrovai a sorridere, mi ero persa nelle parole di un bambino e tutto sembrava avere un nuovo senso.

giovedì 29 novembre 2007

Riceviamo e pubblichiamo

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